Impugnazione del licenziamento, indennità risarcitoria e procedura concorsuale
A quale Giudice spetta la decisione?
Con sentenza 16443 del 21/6/2018, la Corte di Cassazione si è pronunciata – per la prima volta – in merito alla competenza a decidere di un licenziamento impugnato in vigore del nuovo art. 18 L.300/70, come riformato dalla “legge Fornero”, con causa pendente al momento dell’ingresso dell’azienda in procedura concorsuale (amministrazione straordinaria, in questo caso).
Come noto, l’art.24 L.F. statuisce l’esclusiva competenza del Giudice Fallimentare a “conoscere di tutte le azioni che ne derivano”; tuttavia, la giurisprudenza è sempre stata concorde nel ritenere che il Giudice del Lavoro rimanga competente a decidere delle cause di mero accertamento (accertamento della pregressa esistenza di un rapporto di lavoro; accertamento di licenziamento illegittimo con diritto alla reintegra; accertamento della qualifica; accertamento della nullità di un trasferimento d’azienda; ecc.), essendo riservate al Giudice Fallimentare solo le decisioni in merito alle conseguenze patrimoniali delle pronunce di accertamento inerenti ai rapporti di lavoro (su questo, Corte Cost. 7/7/1988 n.778); viceversa, qualora la causa di lavoro fosse finalizzata solo all’ottenimento di risarcimenti patrimoniali, la competenza è da subito del tribunale fallimentare.
Nella sentenza in commento, la Corte ripercorre la giurisprudenza in merito, ma per la prima volta si trova a valutare le conseguenze del licenziamento dichiarato illegittimo in vigenza del nuovo art.18 L.300/70; e questo perché il nuovo art.18 ha introdotto un sistema sanzionatorio variabile, che va dalla reintegra al risarcimento variamente calcolato a secondo della motivazione del licenziamento dichiarato illegittimo e delle valutazioni del Giudice sulla gravità maggiore o minore del danno subito dal lavoratore, mentre il vecchio art.18 prevedeva solo la reintegra (e l’indennità commisurata alle mensilità di retribuzione perdute).
In ragione di quanto sopra, la Corte ha ritenuto che permanga la competenza del Giudice del Lavoro a decidere anche dell’indennità risarcitoria, perché dipendente da una “valutazione calibrata di elementi interni del rapporto di lavoro (..) ovvero sulla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro: tutti dati apprezzabili, per palese cognizione, dal giudice del rapporto (Giudice del Lavoro n.d.r.)”.
La Corte aggiunge tuttavia che rimane ovviamente inibita al Giudice del Lavoro la sentenza di condanna al pagamento, perché, in virtù dell’apertura della procedura, essa si trasforma in verifica del diritto del credito ad essere ammesso al passivo fallimentare, questa sì di esclusiva competenza del Giudice Fallimentare.
Come conciliare, a questo punto, le tempistiche di approvazione dello stato passivo con una causa pendente avanti al Giudice del Lavoro e rimasta di sua competenza? La Corte di Cassazione “suggerisce” l’ammissione con riserva (come credito condizionale a norma dell’art.55 c.3 L.F.) fino all’esito del giudizio del lavoro (vedasi in tal senso anche Cassazione civile, sez. I, 31 Luglio 2017, n. 19017).